La storia di Cogorno è legata intimamente a quella dei suoi antichi signori: i Fieschi. Storicamente, parte dell’attuale territorio comunale (San Salvatore) appartenne, fino alle soglie dell’età napoleonica, alla comunità di Lavagna, della quale costituiva uno dei tradizionali “sestieri”. Il capoluogo, che dà origine al nome del Comune, è posto in alto, sulla collina dalla quale, un tempo, i signori di Cogorno controllavano la piana della Lavagna dal castello di Caloso (XII secolo). Questo gruppo familiare apparteneva a un ramo affine al consorzio dei conti di Lavagna e, grazie ai Fieschi, numerosi suoi membri compirono folgoranti carriere in seno alle gerarchie ecclesiastiche, come nel caso dell’arcivescovo di Genova Giovanni Rosso dei signori di Cogorno.
La conca di San Salvatore, celebre in tutto il mondo per la “basilica”, voluta da papa Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi) nel 1244, era caratterizzata, perlomeno dal Medioevo in poi, dalle colture agricole specializzate che ne rappresentavano la primaria fonte di reddito: olivi, viti e fichi. Nello stesso palazzo “cosiddetto” comitale (nessun documento infatti lo ricorda come tale), i documenti del Quattrocento attestano la presenza di botti, tini e torchi per la produzione e la conservazione delle materie prime. L’altra risorsa economica del territorio (e, più in generale, dell’intera Val Fontanabuona) era rappresentata dall’attività estrattiva dell’ardesia, commercializzata in tutta la Riviera e con la quale venne anche edificata la “basilica” di San Salvatore il nuovo. Questa non fu però sempre la chiesa parrocchiale del borgo di San Salvatore, ma lo fu quella omonima più antica, situata sul lato opposto. Essa è ricordata almeno a partire del XII secolo e in età moderna era annotata fra quelle più povere dell’Arcidiocesi di Genova e per questo veniva aiutata economicamente dalla Repubblica di Genova. Solo con il XIX secolo i conti Fieschi concessero l’uso della “basilica” per le funzioni parrocchiali e negli anni Cinquanta del Novecento vi cessò anche il giuspatronato familiare, pervenuto nei conti Thellung de Courtelary assieme all’analogo istituto fondato dai Fieschi per mantenere la cappella musicale della cattedrale genovese di San Lorenzo.
Sulle tracce dei Fieschi
San Salvatore: l’insula fliscana
Un gruppo di case e due chiese, poste a mezza costa lungo la strada che risale la Valle, in un punto di indubbio valore strategico e simbolico: questa è San Salvatore, l’insula fliscana per eccellenza. In realtà, prima della costruzione della “basilica” il nucleo già esisteva e si sviluppava lungo la strada - oggi via Antica Romana - per Breccanecca e l’interno, mentre con la chiesa di San Salvatore il Vecchio (oggi sala polivalente), era voltata di 180° e prospiciente la via. In questo borgo, su uno spazio relativamente ristretto, è fondata, nella prima metà del XIII secolo la “basilica”. I patrocinatori della costruzione sono Innocenzo IV - al secolo Sinibaldo Fieschi - prima e a seguire il cardinale Ottobuono, futuro papa Adriano V. La rappresentazione dell’evento è riproposta nella lunetta del portale, dove un pittore della cerchia di Lorenzo e Bernardino Fasolo all’inizio del XVI secolo affresca la Crocifissione affiancata dai due committenti: papa Innocenzo IV con in mano il modellino del tempio e il cardinale Ottobuono.
L’edificio ecclesiastico è il risultato di almeno due progetti susseguitisi nel tempo, che portano alla soprelevazione della torre nolare quadrata, del cleristorio e all’inserzione del grande rosone in marmo bianco, di gusto squisitamente francese. Soltanto un ulteriore studio supportato dagli indispensabili rilievi potrà accertare con sicurezza il complesso iter edilizio di questo manufatto, che anche nella sua genesi si pone come prodotto dalle mille sfaccettature. L’interno è a tre navate con copertura lignea, divise da colonne con capitelli in pietra di tipologia arcaica, e termina con transetto immisso e cappelle rettilinee coperte in muratura. Il modello planimetrico, come la sobrietà dei materiali impiegati - pochissimo marmo -, richiamano molto da vicino le realizzazioni degli Ordini Mendicanti, con i quali i Fieschi sembrano essere in sintonia, gruppi religiosi che propongono nelle loro costruzioni, importandole soprattutto dalla Francia, le prime tipologie gotiche.
Un monumento che ridisegna il paesaggio circostante e ha nella poderosa torre nolare e nell’ampio rosone i suoi elementi determinanti e simbolici.
Nei pressi della chiesa sorgono i palazzi dei membri della famiglia, dotati delle caratteristiche logge sottostanti, oggi occultate da vivaci intonaci. Resta ancora leggibile nel suo impianto medievale il cosiddetto Palazzo comitale. L’aspetto è quello di un edificio urbano con loggia passante a bugnato e polifore ai piani superiori, decorate con elementi in marmo e connotato dal tipico paramento a strisce bianche e nere, così frequente in ambito cittadino. San Salvatore - come più tardi Santa Maria in Via Lata a Genova - si pone come punto forte e rappresentativo della famiglia Fieschi.