L’insediamento è testimoniato già nell’VIII secolo come strategico punto di difesa; consistenti tracce di presenza longobarda sono individuabili nelle zone di Reppia, Tolceto e Nascio. Proprio qui era stanziata una consorteria feudale, sottomessa a Genova nel 1138-39, che aveva come capostipite un Guinenguiso, di probabile origine longobarda.
Dall’XI secolo è ricordato fra i territori sottoposti al controllo dei Conti di Lavagna e, in seguito, dei Fieschi; essi erano radicati soprattutto a Zerli, dove nel XII secolo costruirono una fortificazione.
Nella valle erano presenti beni del vescovo, poi arcivescovo, di Genova (fra i quali si ricorda, ad Asturaire, il castagneto dell’arcivescovo) e inoltre erano note proprietà a Campedelli, fra Nascio e Cassagna. Luigi Biagio Tiscornia ricorda diversi castelli nell’area della Val Graveglia e fra tutti deve essere ricordato il dongione di Zerli, i cui ruderi sono ancor oggi visibili, appartenenti a un più vasto complesso fortificato parzialmente abbattuto per ordine genovese nel 1331, in seguito ricostruito e definitivamente abbandonato nel 1438 per volontà del doge Tommaso Campofregoso. Il territorio della Val Graveglia, in seguito ai diversi giuramenti di fedeltà prestati dai Conti di Lavagna al Comune di Genova, passò, certamente dalla fine del XII secolo, sotto il controllo genovese, anche se i Fieschi vi mantennero, a tutto il XV secolo, forti presenze, mediate attraverso le parentele locali. Con la riorganizzazione del territorio operato dalla Repubblica di Genova nel Quattrocento, il territorio della Val Graveglia fu smembrato fra il capitaneato di Chiavari e la podesteria di Sestri (Arzeno, Reppia, Prato, Statale, Nascio, Cassagna, Frisolino, Sambuceto, Giastre, Caminata). Agostino Giustiniani, nel 1537, descriveva i vari centri rurali della valle e vi ascriveva 417 fuochi (nuclei familiari). Con l’attuazione dei decreti del Concilio di Trento, alla fine del Cinquecento, furono inoltre accorpate diverse parrocchie della valle con l’istituzione (e la costruzione) di nuove: fra le altre, nel 1565 era soppressa quella della Crocetta in favore delle due nuove chiese di Nascio e Statale e nel 1604 la chiesa di Chiesanuova sostituiva quelle di Montedonico, Osti, Terisso e Pontori, mentre dal 1594 al 1657 la parrocchia di Reppia fu unita a quella di Arzeno. Questa valle ha sofferto, fin dal XVII secolo, di un lento ma costante fenomeno di contrazione demografica, che si è aggravata con le condizioni economiche di fine Ottocento.
Sulle tracce dei Fieschi
Il dongione di Zerli
Immersa nella vegetazione e quasi nascosta alla vista, su una lingua di terreno che si protende nella valle: ecco la torre di Zerli, o meglio, quel che resta del saliente.
La torre è documentata per la prima volta nel luglio 1145 («...Çerli infra domicnionem...»), data che ben si accorda con l’aspetto della costruzione, che presenta tipologie del tutto all’avanguardia rispetto a quanto proposto da edifici più antichi, ma anche contemporanei.
Soluzioni nuove rese con l’utilizzo di una tecnica raffinata, dovuta a maestranze specializzate, che solo una committenza forte può aver patrocinato: i Fieschi.
Il manufatto è in pietra a vista, formato da conci perfettamente squadrati, spesso con faccia a bugnato, contornato da fettuccia. Anche l’interno - di solito grezzo e meno rifinito - in questo caso mostra blocchi lapidei riquadrati e spianati.
Data la qualità del monumento e il precario stato di conservazione, in vista di un suo possibile consolidamento e restauro, è stato eseguito il rilievo completo, in maniera da consentire interventi più puntuali sia nella fase preliminare di studio, sia in quella di ripristino.
L’aspetto, però, più interessante della torre sono le quote relative, tali da porla come un manufatto del tutto anomalo e dalle valenze particolari. I muri a sacco hanno spessore ragguardevole, che denuncia come in origine l’altezza dovesse essere di tutto rispetto e quindi ben visibile dalla Valle. Ma l’elemento veramente particolare sono le dimensioni: il saliente ha una volumetria molto ridotta, che quasi ne preclude un utilizzo pratico - forse mantiene solo quello di controllo -: al suo interno con difficoltà stanno due persone.
Con molta probabilità si tratta di un manufatto con valenze soprattutto simboliche che, nelle sue forme perfette e corrispondenti alle tipologie dell’arte militare - per esempio, l’ingresso soprelevato -, intende veicolare un messaggio chiaramente ideologico, con il quale, pur ribadendo la capacità di controllo sul territorio, esalta al tempo stesso il prestigio e la raffinatezza del committente, in linea con il modo di proporsi al mondo di questa famiglia.