Incerte sono le origini del borgo di Moneglia: alcuni reperti del II secolo a.C. (ceppi di ancore di navi) sono stati infatti ritrovati sul litorale di Punta Moneglia. E’ soltanto dall’Età Augustea che è possibile ritrovarla citata, ma è soprattutto la Tabula Peutingeriana (una carta itineraria romana del III-IV secolo d.C., conservata alla Biblioteca Nazionale di Vienna e scoperta dallo studioso A.K. Peutinger nel XVI secolo) ad attestarne l’importanza di stazione itineraria: ad Monilia. Questa stazione viaria, posta sulla Via Aurelia, costituiva anche un collegamento con l’entroterra: dai pressi del Passo del Bracco, alle spalle della cittadina, sorgeva l’antico hospitale di San Nicolò di Pietra Colice (oggi compreso nel Comune di Castiglione Chiavarese), da dove era facile, per vie di crinale e mezza costa, raggiungere la Val Petronio, la Val di Vara e – di qui – le diverse possibilità degli itinerari appenninici. Curiosa l’origine etimologica del toponimo Monilia offerta da Agostino Giustiniani (1537), derivante dai «gioielli preziosi per cagione dei frutteti e ameni colli, quali sono circostanti a questa terra».
Dal XII secolo entrò nell’orbita del Comune di Genova, anche se forti rimasero le istanze dei signori locali. La comunità monegliese partecipò alla spedizione genovese contro Pisa del 1284, conclusasi con la sconfitta pisana alla Meloria, e la sua partecipazione era ricordata, oltre che da una lapide ancora esistente, anche da due maglie della catena di ferro che chiudeva l’accesso a Porto Pisano, portate in paese dal monegliese Trancheo Stanco e restituite con le altre parti conservate a Genova all’indomani dell’Unità d’Italia e oggi conservate all’interno del Cimitero monumentale di Pisa. La chiesa di Santa Croce, a partire dal XV secolo, fu sottoposta al patronato dei Fieschi ed unita ad altri edifici di giuspatronato dell’antica famiglia feudale.
Il borgo era distinto in due diversi settori: la parte occidentale, controllata dai guelfi, afferenti ai Fieschi (cui appartenevano le due famiglie monegliesi più importanti: i Mottino e i Dolera), era separata dal torrente San Lorenzo da quella orientale, dominata dai ghibellini. Dopo la costituzione della Repubblica aristocratica di Genova, nel 1528, le fazioni persero importanza e venne a decadere anche il ruolo politico di Moneglia, che però rimase un punto strategico nel controllo costiero: le sue fortificazioni medievali - il castello di Monleone a ponente, quello di Villafranca a Levante – erano fondamentali per la difesa contro le incursioni dei pirati turchi e barbareschi.
Dal XVI secolo ebbe impulso anche la vita economica (con il fiorire della produzione di olio e di vino, dell’esportazione di pesce salato, delle attività marittime in genere) e il notabilato locale di notai, giureconsulti e medici.
Sulle tracce dei Fieschi
La chiesa di Santa Croce amministrata dai Fieschi
Con bolla del 1478 papa Sisto IV - Francesco Della Rovere - unisce la chiesa a un canonicato della “basilica” di San Salvatore di Cogorno. Da questo momento e praticamente fino al 1777 i Fieschi amministrano Santa Croce, dove fino al termine del XVII secolo gli arcipreti sono della stessa famiglia o di altre affini. Già dal XII secolo, però, possedevano parte dei diritti di decima sulla stessa pieve.
La chiesa, posta all’interno del centro di Moneglia, annovera almeno tra momenti di costruzione: quello più antico, uno trecentesco e quello che l’ha portato all’aspetto attuale collocabile nel XVIII secolo.
Proprio per la continuità della presenza fliscana all’interno della sua gestione giuridica, si può supporre che buona parte degli interventi di abbellimento e arredo di Santa Croce in qualche modo vadano riferiti alla famiglia Fieschi. Indicativi almeno due episodi. La creazione di una cappella dedicata a Santa Caterina da Genova - Fieschi Adorno -, dove all’altare si può ammirare una tela barocca con la Visione di Cristo con la Santa inginocchiata e affiancata da San Vincenzo Ferreri e dal Beato Baldassarre Ravaschieri, una triade già proposta nella tela conservata in una cappella in San Giovanni Battista a Chiavari, chiesa fondata da Bardo da Lavagna. La chiesa possiede anche una copia, realizzata probabilmente dalla sua bottega, dell’Ultima Cena di Luca Cambiaso, eseguita per la chiesa di Nostra Signora della Consolazione a Genova. Su entrambe le versioni - ma qui in maniera più chiara - Cristo consuma l’agnello contenuto nel Sacro Catino - reliquia conservata nel Museo del Tesoro della Cattedrale di Genova - che in un momento della sua storia è stato legato anche alla famiglia Fieschi.