Sono poche le notizie relative alla storia di Leivi. Storicamente caratterizzato da un insediamento sparso, comune a molte aree del Tigullio interno, per alcuni sarebbe originato dalla presenza della tribù ligure dei Lævi, che vi avrebbero costituito un avamposto sulla strada di collegamento fra la Riviera e la Pianura Padana. In realtà, come testimoniano i documenti storici, Leivi ha sempre rappresentato una sorta di appendice “a monte” di Chiavari, e i suoi abitanti si sono distinti in ogni tempo nelle attività commerciali del borgo genovese. Molte notizie sulla sua economia agricola e sulla toponomastica medievale ci giungono dai documenti relativi al monastero di Sant’Eustachio. Da questi sappiamo che i Fieschi, nel corso del Duecento, vi acquistarono numerosi beni e che – fra gli altri – anche il monastero di Villa Cella (Pietramartina), in Val d’Aveto, aveva delle proprietà in loco.
La parte più meridionale dell’insediamento, che si sviluppa sul crinale lungo la strada provinciale, è caratterizzato dalla presenza di alcune torri di avvistamento costiere della fine del Quattrocento-inizio Cinquecento, appartenente al sistema di controllo dalle scorrerie dei pirati saraceni che, in quel periodo, batterono un po’ tutta la costa di Levante saccheggiando quasi tutti i borghi marittimi e dell’immediato retroterra del Genovesato e dello Spezzino.
Improbabili le origini ambrosiane (San Lorenzo) – o longobarde (San Bartolomeo) – di alcuni edifici ecclesiastici avanzati di recente.