Sede di un’antica pieve (Plecania), attestata dai documenti dal 1059 e dipendente dall’Arcivescovado di Genova, che comprendeva le cappelle di Soglio (att. Comune di San Colombano Certenoli), Orero, Verzi, Moconesi, De Zerega e Coreglia (Ligure). Dell’antico edificio ecclesiastico (medievale) sopravvive soltanto parte del campanile. In anni recenti l’area attigua è stata oggetto di indagine archeologica da parte della Sezione Tigullia dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri.
Parte del territorio cicagnese doveva essere interessato dall’influenza della Chiesa milanese, ancora leggibile nella dedicazione a San Vittore della chiesa di Veta (Monleone).
Nel 1164 gli uomini del luogo - fedeli a Genova - eressero a Monleone un castello con funzione di difesa della zona dai temibili Marchesi Malaspina (che in quel periodo detenevano il territorio di Santo Stefano d’Aveto) e a stento nel 1172 i Genovesi respinsero l’attacco di Opizzo Malaspina alla fortezza. Dell’edificio fortificato, che sorgeva su un piccolo acrocoro allo sbocco della vallata di Malvaro, restano oggi alcuni ruderi.
In effetti il territorio di Cicagna aveva un’importanza strategica, essendo punto di incrocio di diverse vie, tutte convergenti sull’antico ponte medievale in legno, non più esistente, del fiume Lavagna: quella per Lorsica, la Val d’Aveto e il Piacentino; un’altra (detta Patrania) proveniente da Chiavari-Lavagna e diretta a Torriglia e al Tortonese; una terza, che raccordava Rapallo con la Val Trebbia e l’Oltrepò pavese.
Successivamente all’organizzazione territoriale della Repubblica di Genova, nel XVI secolo, Cicagna fu annessa ai territori montani ("di Oltremonte") dapprima nella podesteria, poi capitaneato di Rapallo; come altri centri della Fontanabuona nel Sei e Settecento fu travagliata dalle faide tra due gruppi familiari (le cosiddette parentelle) dei Leverone e dei Foppiano. Le sue vicende del periodo post-medievale sono legate alla storia della Repubblica di Genova.
Pur essendo sottoposta al diretto dominio genovese, i Fieschi ebbe un certo peso a Cicagna nel XVI secolo, quando - dal 1506 al 1563 - l’arcipretura dell’antica pieve di San Giovanni Battista fu retta da ecclesiastici della famiglia. Dopo la costituzione ella Repubblica Ligure Democratica (1797), fu interessata dal fenomeno dell’insorgenza dei Viva Maria.
All’inizio dell’Ottocento il paese patì più di altri i saccheggi delle truppe napoleoniche, verso le quali le popolazioni della Fontanabuona portarono feroci attacchi capeggiate dal cicagnese Emanuele Leverone, impedendo il radicarsi della dominazione francese nella vallata.
Cicagna fu ancora protagonista nel periodo del Risorgimento, quando - nel settembre 1848 - nel suo collegio Giuseppe Garibaldi fu eletto deputato al Parlamento Subalpino.
Sulle tracce dei Fieschi
Il ponte dei Fieschi, fra storia e leggenda
Cicagna aveva nel ponte il suo fulcro: esso, infatti, univa le due parti del borgo; naturale, quindi, che alla sua esistenza e ricostruzione sia legata una leggenda.
Era l’anno 1557, Lorenzo, giovane di buone speranze, e Agatina, figlia del mandriano del feudatario di Lavagna, erano promessi sposi; quando a Cicagna giunse il giovane figlio del Conte per prendere possesso dei dominii ereditati, la fanciulla se ne invaghì e, dimentica della promessa fatta a Lorenzo, si fidanzò con il nobile. Lorenzo, lontano per seguire una causa a Genova e ignaro di tutto, ritornò il giorno delle fastose nozze. Agatina con l’abito nuziale per raggiungere la chiesa doveva passare sul ponte, allora in legno; lui le si gettò ai piedi supplicandola, ma la fanciulla era irremovibile. Allora il giovane le ricordò l’anello di fidanzamento che portava ancora al dito e Agatina per tutta risposta lo tolse e lo gettò nel fiume Lavagna, gridando «Vattelo a riprendere!». Lorenzo l’abbracciò rispondendole «Vieni a riprenderlo meco!»: i due caddero nell’acqua, che subito si richiuse su di loro. Furono ritrovati ancora abbracciati e vennero sepolti insieme. Il ponte fu abbattuto e ricostruito in pietra con una cappelletta in ricordo dei due sfortunati giovani.
L’antico ponte - anche se rimaneggiato - è ancora là,
imperturbabile alle turbolenze del Lavagna, a un’unica arcata, leggermente a schiena d’asino, senza più cappella, forse perché qualche danno lo ha sopportato anch’esso, ma continua a unire le due parti del borgo, anche se una nuova struttura di passaggio lo affianca.