Il territorio del Tigullio e dell’Alta Val di Vara offre una straordinaria costellazione di siti archeologici, spesso poco noti, ma di grande rilevanza nel panorama italiano e non solo; si tratta per la maggior parte di ritrovamenti collegati all’epoca preistorica e protostorica. I reperti relativi a tali siti sono conservati presso il Museo per la Preistoria e Protostoria del Tigullio, a Chiavari http://www.cisgenova.it/, e presso la Mostra Storico–Archeologica Permanente di Cicagna. http://www.archeocarta.com/
Le più antiche tracce della presenza umana nell'Appennino del Levante ligure risalgono al Paleolitico Medio (120.000-40.000 anni fa) e provengono dalla zona montana compresa fra il Passo del Bocco di Maissana ed il Monte Roccagrande: si tratta di manufatti in pietra, ritrovati in superficie, e legati all’attività di caccia. Sono soprattutto oggetti in diaspro, che in questa zona è di facile reperimento e che veniva lavorato per l’uso delle popolazioni locali e per l’esportazione.
Ritroviamo poi segni di insediamenti più avanti nel tempo, nel Mesolitico, sul fondovalle a Ferrada di Moconesi in Val Fontanabuona e a Mezzanego in Val Graveglia; da qui i cacciatori si spostavano poi sull’Appennino per la caccia.
Il Neolitico costituì un momento cruciale nella storia dell'umanità: l'uomo riuscì ad elaborare con le proprie capacità mezzi e tecniche che gli permisero di ricavare tutti i prodotti necessari alla propria esistenza, quali l'allevamento del bestiame e l'agricoltura.
Fu necessario qualche secolo perché il nuovo tipo di economia si affermasse anche nelle aree interne della Liguria, poco adatte all'agricoltura e fittamente boscate. L'avanzamento verso l'interno probabilmente seguì le vie di crinale, come suggeriscono ad esempio i rinvenimenti neolitici del Castellaro di Uscio.
Nel corso dell’Età del Rame le ricerche dimostrano un intensificarsi della presenza umana nella Liguria Orientale, in relazione all’aumento dell’attività pastorale d’altura e allo sfruttamento delle materie prime (diaspro e minerali di rame), ma occorre attendere la Media Età del Bronzo perché il territorio della Liguria di Levante sia organizzato in maniera più stabile.
Gli insediamenti erano posti all'incrocio di crinali e in posizioni arroccate: l'occupazione di posizioni strategiche d'altura era utile al controllo delle vie di transumanza e dei pascoli. Sono numerosi gli insediamenti di altura esplorati con indagini archeologiche: nel territorio che ci interessa segnaliamo il Castellaro di Uscio e quello di Zignago, in Val di Vara.
L'elemento che accomuna questi siti è la presenza dei terrazzamenti costruiti con muretti di pietre a secco, allo scopo di frenare l'erosione dei versanti e di ampliare gli spazi abitativi.
Particolare rilevanza hanno poi i siti collegati allo sfruttamento dei minerali; le più antiche coltivazioni datate archeologicamente sono quelle per l’estrazione della selce, o meglio del locale “diaspro”, a Lagorara in comune di Maissana; e del rame nei due siti di Libiola, nell’entroterra di Sestri Levante, e Monte Loreto, presso Castiglione Chiavarese.
Pian del Lago
Il sito archeologico ubicato nella conca di Pian del Lago (Bargone di Casarza Ligure) a circa 850 metri slm è uno degli ambienti naturali più interessanti della Liguria. E' un bacino intorbato, ovvero un deposito costituito da torba (fango di palude) che, in mancanza di ossigeno e quindi dei batteri di decomposizione, ha permesso la conservazione di reperti organici estremamente utili nella ricostruzione dell'interazione fra uomo e ambiente a partire dal Paleolitico Medio.
Al Paleolitico sono attribuibili centinaia di schegge ed utensili di diaspro che testimoniano una rilevante attività di lavorazione di tale roccia, molto probabilmente reperita nelle vicinanze (sul monte Roccagrande).
Per quanto riguarda l’Età del Rame e la Prima Età del Bronzo i rinvenimenti consistono in diversi frammenti ceramici e alcune punte di freccia in diaspro che, fissate ad un’asticella di legno, dovevano servire per cacciare.
Le analisi effettuate sui pollini, hanno consentito di ricostruire l’evoluzione della copertura vegetale e le modificazioni indotte dall’attività umana sull’ambiente.
Le Grotte della Val Frascarese
(Castiglione Chiavarese)
La grotta “Da Prima Ciappa” fu utilizzata come sepolcreto collettivo per diversi secoli nel corso dell’Età del Rame. Sono stati qui rinvenuti i resti di una decina di individui, fra i quali due bambini. I defunti erano accompagnati da un corredo personale, costituito sia da ornamenti, sia da oggetti d'uso quotidiano, quali utensili in rame, punte di freccia in diaspro rosso ed una lama di pugnale in selce bianca.
La Tana delle Fate è una piccola cavità e fu utilizzata come rifugio in diversi periodi nel corso degli ultimi 6.000 anni e offrì un nascondiglio sicuro anche durante i rastrellamenti della II Guerra Mondiale. Conservava scarse tracce del Neolitico Medio (4800-4200 a.C.), dell’Età del Rame e di età storica (Medioevo).
I più antichi frequentatori della grotta vi accesero fuochi e vi abbandonarono alcuni oggetti di uso quotidiano: vasi, strumenti in selce, uno scalpello in serpentinite ed una lama di ossidiana, un vetro vulcanico importato con tutta probabilità dalle Isole Eolie.
Il sito di Valle Lagorara (Maissana)
Il sito si trova sull’Appennino interno, a circa 13 km in linea d’aria dalla costa di Sestri Levante; fu scoperto nel 1987. Le indagini hanno permesso di ricostruire la storia dell’attività umana nella valle negli ultimi 10.000 anni e di comprendere le modalità di sfruttamento delle risorse presenti (in particolare il diaspro).
Nell’Età del Rame-Bronzo Antico (circa 3500 - 2000 a.C.), l’affioramento di diaspro rosso che costituisce il Monte Scogliera è stato sfruttato dall’uomo per produrre i propri utensili di uso quotidiano (punte di freccia, raschiatoi, ecc.). L’affioramento, costituito da livelli di diaspro spettacolarmente verticalizzati da movimenti tettonici, presenta due estese aree di estrazione, sulla cui superficie ancora oggi si possono osservare i segni delle antiche martellature.
Il sito ha restituito inoltre frammenti ceramici e oggetti ornamentali in steatite (pendagli, perle e perline).
Il sito minerario di Libiola (Sestri Levante)
I giacimenti minerari di Libiola e di Monte Loreto (Masso di Castiglione Chiavarese) si trovano a circa 6 km. di distanza l’uno dall’altro. Lo sfruttamento preistorico dei due giacimenti era già noto nella seconda metà del XIX secolo, quando Arturo Issel visitò le miniere di rame liguri, allora in piena attività, riconoscendovi «tracce di antichissima lavorazione».
A Libiola, il recupero di alcuni antichi strumenti è merito dell’Issel ed è collegato all’apertura di gallerie di coltivazione ottocentesche, che intercettavano cunicoli già sfruttati. Sfortunatamente, è giunto fino a noi soltanto un manico di piccone in legno di quercia, datato al radiocarbonio fra il 3500 ed il 3100 a.C., agli inizi dell’Età del Rame.
A Monte Loreto lo sfruttamento minerario industriale, fra Otto e Novecento, non ha prodotto, a differenza di Libiola, profonde devastazioni, per cui in questo sito è stato possibile effettuare indagini scientifiche più efficaci. Gli studi, ancora in corso, hanno individuato un pozzo di estrazione, trincee generate dallo svuotamento dei filoni di minerali, numerose discariche e piani di lavoro con focolari, buche di palo e muretti e centinaia di mazzuoli di pietra ammaccati dall’utilizzo.
La necropoli di Chiavari
La necropoli di Chiavari fu scoperta fortuitamente nel 1959 in prossimità dell’attuale Corso Millo. Il sito rappresenta un importantissima testimonianza per il territorio ligure, soprattutto in considerazione del fatto che la documentazione archeologica riguardante la prima Età del Ferro (VIII-VI sec. a.C.) è piuttosto scarsa e frammentaria. Nel corso degli scavi fu indagata una superficie pari a 800 mq, ma l’area del sepolcreto era sicuramente più ampia.
L’impianto della Necropoli, che all’epoca della sua realizzazione era prospiciente all’antica linea di costa, si articolava in recinti rettangolari o circolari di lastre di pietra locale con, al centro, tombe a cassetta a forma di parallelepipedo. Le tombe contenevano urne in terracotta, al cui interno erano deposte le ceneri dei cremati e i loro corredi. Fra i recinti sono emerse le tracce dei roghi funebri.
I corredi sono ricchi di oggetti in bronzo (borchie, armille, fibule, fermagli da cintura, pendagli, rasoi, anelli, ecc.), ma non mancano - seppur rari - ornamenti d’oro e d’argento. Gli oggetti in ferro si trovano solo nelle tombe maschili e sono quasi esclusivamente armi: lance soprattutto, la cui punta veniva ripiegata ritualmente, spade e coltelli. Sono numerose le fusaiole che caratterizzano le tombe femminili e testimoniano attività tessili; sono inoltre presenti vasi di importazione, come i buccheri etruschi, e perline di pasta vitrea.
Recenti studi hanno evidenziato che l’impianto della Necropoli insisteva su un precedente insediamento della fine dell’Età del Bronzo.
In occasione dell’evento “Genova 2004”, la Necropoli è stata ricostruita in un’installazione temporanea presso l’Ecomuseo dell’Ardesia del Chiapparino di Cicagna.
Le emergenze monumentali e i musei
Il Tigullio e l’entroterra sono ricchi di testimonianze monumentali che documentano, dal Medio Evo all’Età Moderna, la cultura e la vita locale. Chiese, palazzi privati o pubblici, opere civili e musei sono – insieme all’ambiente - la vera ricchezza del territorio.
Bibliografia
N. Campana–R. Maggi–F. Negrino, Quattromila anni fa a Maissana. Una cava preistorica di diaspro scoperta in Valle Lagorara, Chiavari 1993.
Dal diaspro al bronzo. L’Età del Rame e del Bronzo in Liguria: 26 secoli di storia fra 3600 e 1000 anni avanti Cristo, a cura di A. Dal Lucchese-R. Maggi, La Spezia 1998.
Archeologia in Valle Lagorara, a cura di N. Campana-R. Maggi, Firenze 2002.